La crisi del giornalismo: click, views e fake news

05/20 • 7 min • Copia link

Il mondo sta cambiando. Il giornalismo è in crisi e nuovi canali di informazione nascono tutti i giorni. Come ci si informa oggi? Cosa ci aspetta in futuro? Quello che stai per leggere è uno di una serie di approfondimenti dedicati al mondo dell’informazione:

In questo articolo affronteremo il cambiamento del modello di business in seguito al passaggio online delle testate giornalistiche. Un nuovo mezzo di comunicazione porta con sé nuovi modi per ricevere un compenso. Come vedremo, questo è diventato uno dei fattori che ha aggravato la crisi dell’informazione.

La pubblicità

Dobbiamo considerare che quasi nessuno è più disposto a pagare per leggere le notizie. Gli abbonamenti non sono più una fonte di grandi introiti e la motivazione è abbastanza semplice: perché devo pagare per leggere un articolo, quando su internet ne trovo altri gratuiti?

All’inizio degli anni 2000, il 70/80% dei ricavi dei giornali proveniva dalle pubblicità e solo il 10/15% dagli abbonati. Proprio per i motivi elencati prima, i giornali si sono dovuti affidare agli inserzionisti pubblicitari per cercare di sopravvivere. A questo punto può sorgere un dilemma etico interessante: affinché sopravvivano, i giornali devono trasformarsi in contenitori pubblicitari?

Vi sarà sicuramente capitato di non riuscire a leggere una notizia perché costellata da annunci e da finestre in continua apertura. Molte pagine, inoltre, sono realizzate con articoli a fine pubblicitario e con materiali forniti direttamente da società di comunicazione. In qualche modo, gli editori devono cercare di abbassare i costi e aumentare i ricavi, e la pubblicità è la soluzione più intrapresa.

Tuttavia, non è così semplice come sembra.

I colossi della pubblicità

I media del secolo scorso sembravano offrire un modello di giornalismo molto semplice: offri al pubblico dei contenuti e vendi l’attenzione del pubblico agli inserzionisti. Tuttavia, la tecnologia ha fatto a pezzi pubblicità e notizie, le due grandi aziende legate al giornale cartaceo. Gli editori e gli emittenti hanno provato a spostarsi online, ma l’inserzione pubblicitaria non ha più lo stesso effetto di prima. Gli annunci sul web guadagnano molto meno rispetto al profitto che avevano su un giornale, o durante l’interruzione di un programma televisivo.

Con l’avvento di Google e Facebook, il panorama è cambiato ulteriormente. Questi motori sono diventati in poco tempo i più grandi editori del mondo, pur non assumendo giornalisti. Scelgono cosa fornire al pubblico sulla base dei loro interessi, decidono quale pubblicità mostrargli e quali notizie preferire ad altre.

Mettetevi nei panni degli inserzionisti: paghereste un annuncio su un giornale, quando avete la possibilità di consegnare direttamente il materiale su internet a delle persone probabilmente più interessate al vostro prodotto? Si stima che, per ogni dollaro speso in pubblicità, 90 centesimi vadano a Facebook e Google.

Il problema è che la maggior parte delle testate giornalistiche hanno cominciato ad affidarsi soltanto alle pubblicità. Secondo una ricerca, Facebook e Google avrebbero visto crescere i loro introiti pubblicitari del 57% dal 2017 al 2020, contro un 15% dei siti di informazione.

Articoli “acchiappa click”

Dopo aver capito che la maggior parte delle testate si finanziano tramite le pubblicità online, è necessario comprendere quali conseguenze ha questo modello sulla qualità dell’informazione.

È chiaro che se un giornale si finanzia in base al numero di persone che vede una pubblicità sul suo sito, oggi più che mai, è necessario che le persone clicchino sui suoi articoli. Purtroppo, il giornalismo si sta allontanando gradualmente dall’interesse pubblico, avvicinandosi alla logica delle views. Per molti giornali digitali, la misura del valore di una notizia non è più la qualitàma la viralità. Nel 2014, Neetzan Zimmerman, specialista di storie virali su Gawker, ha spiegato il fenomeno contemporaneo affermando che “di questi tempi, non è importante che una notizia sia vera. L’unica cosa che conta è che la gente ci clicchi sopra”.

Il fenomeno descritto ha un nome: il clickbait. Clickbait è un termine che indica un contenuto web, la cui principale funzione è di attirare il maggior numero possibile di utenti, al fine di generare rendite pubblicitarie online.

Tramite questo meccanismo “acchiappa click“, molti media riescono a sopportare i costi e a pagare uno stipendio ai propri giornalisti. Come? Attraverso il sensazionalismo, la curiosità e spesso anche l’inganno. Basta utilizzare un titolo spettacolare, in grado di attirare l’attenzione di molti. Vi è mai capitato di leggere un titolo, anche di testate autorevoli, poi andare sull’articolo e scoprire che era fuorviante?

La perdita di valori

La perdita di valori di un modello economico improntato sui click è evidente. Soprattutto se l’obbiettivo principale è pubblicare più notizie possibili, sfruttando fino all’ultimo centesimo la pubblicità online.

Un’industria dell’informazione che rincorre disperatamente i click, è un’industria in crisi, ed è quello che sta succedendo oggi al giornalismo digitale. Perché per quanti click una testata possa avere, non sono mai abbastanza. La necessità di sopravvivere, producendo articoli che possano essere visualizzati il più possibile, a spese di accuratezza e affidabilità, sta rovinando i valori fondamentali del giornalismo: raccontare la verità.

Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che questo meccanismo non può durare a lungo. Agli occhi dei lettori, questi articoli possono risultare come uno spam e, per questo, perderebbero interesse nei loro confronti. Nel momento in cui un giornale smette di scrivere per un lettore e inizia a farlo per gli algoritmi dei social network, la relazione con il cittadino si spezza irrimediabilmente.

Fake news

Articoli con titoli sensazionalisti, testate che sembrano vere, un autore invisibile che può apparire autorevole, notizie troppo elettrizzanti per non essere condivise: le fake news, sono per molti, il peggior nemico del giornalista.

Abbiamo già parlato delle fake news e della post-verità. Leggi il nostro articolo.

Spesso sono articoli falsi, ma non abbastanza da poter essere respinti. A volte la notizia è vera ma è sbagliato il contesto, oppure contiene fonti che appaiono autorevoli ma sono inventate, ed è anche possibile che partano da una notizia vera per poi rimodellarla a proprio piacimento. In pochi controllano chi è l’editore o colui che ha scritto l’articolo. In pochi controllano che non ci sia il marchio secolare che caratterizza le migliori testate a livello globale.

Le fake news non sono soltanto bufale, quelle sono sempre esistite. Con il termine “notizie false”, intendiamo veri e propri strumenti di condizionamento dei regimi di governo di interi paesi. Hanno sempre con sé una connotazione economica o politica. Anche il giornalismo spesso tende a favorire o screditare un soggetto politico o un’azienda, ma non era mai riuscito a rivoluzionare il naturale andamento di una campagna elettorale. Dobbiamo considerare che, spesso, sono i grandi media a farle circolare.

Il principale problema delle fake news è che, con l’avvento di internet, in pochi minuti, queste possono diffondersi ed essere condivise a livello mondiale. Questo fenomeno sta portando a una grande perdita di credibilità dei giornalisti. Soprattutto perché sono i politici stessi ad accusare i canali di informazione di star diffondendo fake news.

Spesso questo fenomeno viene alimentato da piccole testate digitali, considerate vere e proprie fabbriche di notizie false. Il loro fine è quello di diffondere questi articoli per ricevere i famosi click e le famose views, in cambio di un compenso economico.

Come abbiamo già accennato, si credeva che con l’avvento di internet sarebbero scomparsi i giornalisti. Questo non può succedere, perché la diffusione delle notizie fake ha rivelato la grande necessità di avere professionisti dell’informazione, in grado di smentirle e contrastarne la diffusione tramite la divulgazione della verità.

Per approfondire

Il mondo sta cambiando. Il giornalismo è in crisi e nuovi canali di informazione nascono tutti i giorni. Come ci si informa oggi? Cosa ci aspetta in futuro? Quello che stai per leggere è uno di una serie di approfondimenti dedicati al mondo dell’informazione:

di Micaela Asia Foti