Taglio dei parlamentari: una guida al voto

08/20 • 6 min • Copia link

Attenzione: questo articolo è un po' datato e alcune informazioni potrebbero non essere aggiornate.

Il 20 e il 21 Settembre 2020 saremo chiamati a votare a un referendum costituzionale per ridurre il numero dei nostri parlamentari.

Il referendum sarà senza quorum, cioè non richiederà una partecipazione minima per essere valido.

Cosa si vota

Al momento, in Italia abbiamo 945 parlamentari: 630 alla Camera e 315 al Senato. La riforma prevede che il numero di parlamentari scenda a 600: 400 alla Camera e 200 al Senato.

Inoltre, ci sarà una riduzione dei parlamentari eletti dagli italiani all’estero. I deputati passeranno da 12 a 8 e i senatori da 6 a 4.

Infine, viene imposto un tetto per i senatori a vita nominabili dal Presidente della Repubblica, che non potrà mai essere superiore a 5.

Il quesito è il seguente:

“Approvate il testo della Legge Costituzionale concernente “Modifiche degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n. 240 del 12 ottobre 2019?”.

Il referendum sarà confermativo, serve cioè ad approvare la riforma. Quindi, chi voterà “sì” sosterrà il taglio, chi voterà “no” ne chiederà l’abrogazione.

La riforma entrerebbe in vigore dopo il primo scioglimento delle Camere. In pratica, dopo le prossime elezioni politiche.

Perché si vota

Le riforme costituzionali, per essere approvate, devono ottenere i due terzi di voti favorevoli in ciascuna dei due rami del Parlamento, Camera e Senato. Se ciò non avviene, i parlamentari possono richiedere un referendum costituzionale. In questo caso, la riforma non ha ottenuto i due terzi al senato e 71 senatori hanno firmato per indire il referendum.

Questo referendum sarà il quarto referendum costituzionale nella storia della nostra Repubblica. Il voto era fissato per il 29 marzo ma, a causa dell’epidemia da COVID-19, è stato rinviato al 20 e 21 Settembre.

Pro e contro

Vediamo di capire quali potrebbero essere gli effetti della riforma, i vantaggi e gli svantaggi.

I costi della politica

L’argomento più importante dei sostenitori del Sì riguarda il risparmio per lo Stato che deriverebbe dal taglio dei parlamentari. Luigi Di Maio, del Movimento 5 Stelle, ha detto che si risparmieranno 100 milioni all’anno, 500 milioni di euro a legislatura. Ha detto che saranno 300mila euro al giorno.

Ricordiamo infatti che le retribuzioni per i deputati e i senatori sono piuttosto alte e anche i privilegi di cui godono hanno un certo costo.

Chi sostiene il No ritiene che le cifre comunicate da Di Maio siano sbagliate e si affida a un altro calcolo, quello dell’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani di Carlo Cottarelli. Secondo l’Osservatorio, con la riforma si risparmierebbero 57 milioni l’anno e quindi 285 milioni a legislatura, quasi la metà della cifra stimata da Di Maio, cioè lo 0,007% della spesa pubblica italiana.

Dunque, per i critici della riforma, la cifra risparmiata sarebbe troppo bassa per giustificare il taglio di un’istituzione democratica così importante. In questo caso, ci si rifà all’espressione “la democrazia non ha prezzo” per esprimere l’idea che, quando si parla di democrazia, i costi non dovrebbero essere la priorità. Infatti, se l’obiettivo è spendere meno, il numero dei parlamentari potrebbe essere tagliato ulteriormente anche in futuro.

Il numero dei parlamentari

Non è facile valutare in maniera assoluta il numero dei nostri parlamentari. Stiamo spendendo troppi soldi? 945 rappresentanti sono troppi? Ci sono diversi approcci possibili per capirlo.

Chi sostiene la riforma ci ricorda che il nostro Parlamento è il più numeroso d’Europa: Il Bundestag tedesco ha 709 membri eletti, la House of Commons del Regno Unito ne ha 650, l’Assemblée Nationale francese 577 e la Spagna 558 eletti.

Chi invece critica la riforma, ci ricorda che in Italia abbiamo un bicameralismo perfetto. Il Parlamento, cioè, è suddiviso in due camere che hanno esattamente la stessa funzione. Quindi bisogna confrontare i numeri dei soli deputati, ovvero 630, con quelli europei. In quest’ottica, noi ci troviamo al terzo posto, dopo Germania e Regno Unito. E portando i deputati a 400, arriveremo al quinto posto. Dunque il numero dei nostri deputati sembrerebbe essere nella media.

Alcuni hanno dichiarato che dopo la riforma avremo il rapporto deputati/abitanti più alto d’Europa. Questo calcolo confronta il rapporto tra i soli deputati e il numero di abitanti dei Paesi europei e ne conclude che dopo la riforma avremo un rapporto di 1/151 mila, il più alto d’Europa. Ciò significa che ogni singolo deputato rappresenterà 151mila cittadini. Ovviamente in questo caso non viene considerato l’intero Parlamento eletto (Camera + Senato).

Qui trovate i calcoli fatti dal sito Pagella Politica.

L’efficenza

I favorevoli al referendum ritengono che il taglio renderà più efficiente il lavoro dei due rami del Parlamento. Questo perché più Parlamentari significa più dibattito, più istanze presentate ma, soprattutto, più frammentazione in gruppi.

Secondo i detrattori della riforma, l’efficienza non si può ottenere con un semplice taglio dei parlamentari, ma riformando il funzionamento del Parlamento.

In un’intervista, Stefano Ceccanti del Partito Democratico ritiene che la riforma migliorerà l’efficienza, in quanto “il Parlamento nazionale non ha più l’esclusiva nella produzione di norme”. Ceccanti spiega che “in Italia le Regioni hanno potere legislativo e il nostro Paese, come altri, deve adeguarsi alla crescita del rilievo normativo dell’Unione europea”, quindi superare l’idea che il Parlamento abbia il “monopolio” delle leggi e ridurre il numero dei suoi componenti sarà solo più funzionale.

La rappresentanza

L’argomento principale dei sostenitori del No è il calo della rappresentatività. Come abbiamo già accennato, il taglio dei parlamentari ridurrebbe il rapporto tra il numero di parlamentari e la popolazione italiana. In questo modo, un singolo parlamentare rappresenterebbe un numero più ampio di cittadini.

Lorenzo Cuocolo, professore di diritto costituzionale, ha inoltre spiegato che il Senato viene eletto su base regionale, quindi le regioni più piccole, come la Liguria, saranno penalizzate in termini di rappresentanza, sia per i parlamentari di maggioranza, che per quelli di opposizione. Allo stesso modo, le forze di minoranza saranno in generale meno rappresentate.

Alessandro Calvi riporta su Internazionale un’altra implicazione della riforma: i gruppi parlamentari saranno più piccoli. Questo renderà i gruppi più facilmente controllabili da leader e segretari di partito e allontanerebbe ulteriormente l’elettorato dalla politica.

Per approfondire

Per approfondire l’argomento è possibile leggere alcuni articoli schierati per il No, come l’editoriale di Maurizio Molinari su Repubblica, oppure schierati per il Sì, come l’articolo di Paolo Farinella sul Fatto Quotidiano.

Potrebbe essere un buon punto di partenza leggere i contenuti pubblicati sull’argomento dal blog del Movimento 5 Stelle, i principali sostenitori della riforma.

Infine, se volete farvi un’idea di come si pongono i vari schieramenti politici in merito alla riforma, il Sole 24 Ore ha riassunto le opinioni e le spaccature all’interno dei partiti.

di Davide Magnaghi