È giusto sacrificare lo sport?

10/20 • 5 min • Copia link

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Lo sport giovanile si ferma, di nuovo. È uno stop che sa di sconfitta e soprattutto pare essere l’inizio di un film già visto, la cui scena successiva è stata il lockdown. Come siamo tornati a quel punto?

La decisione e le perplessità

Venerdì 16 ottobre il CSI Milano comunica la sospensione di partite e allenamenti per gli sport di contatto, svolti da tutte le società e associazioni dilettantistiche sul territorio regionale. Questa decisione è stata presa a seguito dell’ordinanza firmata da Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia. Questo significa che migliaia di ragazzi, che speravano di ricominciare finalmente un campionato interrotto, si sono trovati di nuovo davanti alla stessa situazione di mesi fa.

I contagi continuano a salire. È necessario trovare dei compromessi e fare delle rinunce, per salvaguardare l’economia scongiurando un secondo lockdown. Eppure, la decisione di Fontana non è stata ben accolta da dirigenti, allenatori e soprattutto giocatori. Secondo loro è ingiusto che a pagare sia lo sport, soprattutto dopo gli innumerevoli sforzi delle società per ricominciare le attività in sicurezza.

Oltre il desiderio di riniziare i campionati

Insomma la comunicazione del CSI, ha destato molte preoccupazioni, ma ha anche sollevato varie proteste e lamentele. Il presidente del CSI Milano, Massimo Achini, ha voluto rispondere a queste con un lungo post pubblicato sulla pagina Facebook del Comitato.

Nel post, Achini esprime il suo dispiacere per la situazione e allo stesso tempo il suo disappunto di fronte all’ennesima limitazione imposta al mondo dello sport dilettantistico. In molti altri settori sembra invece essere concessa una libertà eccessiva. Continua però chiarendo che la volontà di iniziare il campionato c’era. Lo dimostrano la pubblicazione dei calendari e il fatto che fino a giovedì 15 sia stata confermata in ogni modo la partenza delle competizioni.

Le criticità

Venerdì già c’era stato un tentennamento a seguito del peggioramento progressivo della situazione Covid. Nel pomeriggio, il CSI aveva comunicato l’annullamento di tutte le partite della prima giornata e il rinvio a data da definirsi delle stesse.

“Lo abbiamo fatto”, scrive Achini nel post di sabato, “perché la richiesta di sospendere la prima giornata di campionato è arrivata proprio da tantissime società sportive”.

Effettivamente l’impossibilità di effettuare tamponi a tutti i giocatori rende difficile sentirsi sicuri. Basta infatti un caso positivo a campionato iniziato e si ferma tutto. Si è preferito quindi agire con prudenza vista la situazione e visti i dubbi e le preoccupazioni dei dirigenti di alcune società.

La presa di posizione del CSI ha solo anticipato una decisione che sarebbe poi stata presa dalla regione. Dunque, secondo molti si è rivelata corretta, permettendo alle società di potersi organizzare con maggiore anticipo.

I dubbi sugli allenamenti

Mentre però si è concordi sulla necessità di annullare le competizioni, in quanto favorirebbero contatti incontrollabili tra giocatori di squadre diverse, si hanno delle riserve sulla questione della sospensione degli allenamenti. È proprio necessario togliere anche questa libertà ai ragazzi?

In merito a ciò Achini ha voluto scrivere una lettera proprio ad Attilio Fontana, provando a ragionare sul valore educativo dello sport. Si è concentrato inoltre sull’effettivo rischio, secondo lui minimo, che due allenamenti a settimana (o anche meno) possono comportare.

Lo sport può aiutare a combattere il virus?

La volontà di Achini è quella di mettere in discussione una decisione che ora come ora soffoca il settore dello sport giovanile. Un settore già messo a dura prova dagli scorsi mesi. Per farlo, ha insistito sull’idea che lo sport, al pari della scuola, possa essere un’arma utile per combattere il virus.

Lasciare a casa i ragazzi, infatti, significherebbe dare loro troppo tempo libero che inevitabilmente verrebbe occupato in modi più o meno sicuri. Achini dice di immaginarli “bighellonare in giro in situazioni senza protocolli. Situazioni senza adulti responsabili che li seguono e li sensibilizzano alle attenzioni da usare per prevenire i contagi”.

La domanda che viene da porsi è se i ragazzi veicolino meno i contagi stando a casa, piuttosto che allenandosi con un ristretto gruppo di compagni.

Lo sport come strumento educativo

Sullo stesso argomento si è espresso anche il presidente nazionale del CSI, Vittorio Bosio, in una lettera dal titolo “Sì allo sport giovanile”. Questa era rivolta a Conte, con il quale spera di riaprire la discussione sulla questione allenamenti. La lettera ha posto l’accento soprattutto sui numerosi sacrifici che sono stati fatti dalle società per poter ricominciare in sicurezza.

Da entrambe le lettere emerge l’idea che lo sport sia uno strumento educativo al pari della scuola e che, in quanto tale, non si debba fermare se la scuola va avanti. Achini stesso definisce le società sportive come ‘agenzie educative’, luoghi importanti per la formazione dei ragazzi al di là delle competizioni e delle vittorie.

Inoltre il CSI Milano e città metropolitana conta 110 mila tesserati e 730 società sportive affiliate. Un numero considerevole di appassionati a vari livelli, dai dirigenti agli atleti, che almeno fino al 6 novembre non avranno la possibilità di praticare lo sport che amano.

Perciò, anche in un periodo di sacrifici, forse lo sport non è sacrificabile, nella misura in cui lo si riconosce parte integrante e fondamentale dell’educazione dei giovani e della loro formazione.

Per concludere con le parole finali della lettera di Bosio: “oggi la sfida che vogliamo vincere, insieme alle istituzioni, è quella di rendere possibile vivere esperienze sportive, da sportivi veri; ovvero: rispettando tutte le regole”.

di Anna Ognibene