Il conflitto in Siria ha visto l’emergere di numerosi attori armati, tra cui Hayat Tahrir al Sham (HTS). Sebbene HTS e i suoi alleati abbiano giocato un ruolo chiave nell’opposizione armata al regime di Bashar al-Assad, la realtà sul campo è complessa, con molteplici gruppi che operano in diverse regioni del paese, ognuno con i propri obiettivi e alleanze. Infatti, nonostante la Siria sia un paese a maggioranza sunnita, esistono ampie minoranze, anche armate. Vediamo questi gruppi uno ad uno.
Hayat Tahrir al Sham (HTS)
Hayat Tahrir al Sham (HTS) è oggi una delle principali forze armate di opposizione in Siria, guidata da Ahmed al Sharaa, noto come Abu Mohammad al Jawlani (nome di combattimento).
Nato come Jabhat al Nusra, affiliato ad Al Qaeda, il gruppo era inizialmente vicino allo Stato Islamico (ISIS), da cui si è separato nel 2013 rifiutandone la leadership. Nel 2016, il gruppo si è riorganizzato, adottando il nome Jabhat Fatah al Sham e, successivamente, nel 2017, diventando HTS, rompendo definitivamente i legami con Al Qaeda e abbandonando il jihad internazionale per concentrarsi sulla Siria.
HTS ha giocato un ruolo chiave nell’opposizione armata prendendo il controllo di ampie aree nel nord-ovest della Siria, tra cui Idlib e, in passato, Aleppo. Nel 2017 ha istituito il Governo di Salvezza Nazionale, assumendo funzioni amministrative come la gestione delle tasse, delle scuole e dei servizi sanitari, consolidando il controllo territoriale. Con il declino dell’ISIS e il rafforzamento del regime di Assad, sostenuto da Iran, Russia e Hezbollah, HTS ha cercato di adattarsi al nuovo contesto, avviando dal 2020 un processo di moderazione politica e ideologica. Tra i cambiamenti più rilevanti, il gruppo ha ridotto il controllo morale sulla popolazione, permesso la riapertura di chiese cristiane e dichiarato tolleranza verso altre religioni, pur mantenendo l’applicazione della sharia.
Parallelamente, HTS ha cercato di normalizzare i rapporti diplomatici, collaborando con la Turchia, che controlla parte del nord della Siria, e con le forze curde nel nord-est del paese. Tuttavia, secondo analisti e osservatori internazionali, come riportato dal Washington Post, non è chiaro se questa svolta moderata sia sincera o un’opportunistica strategia per ottenere maggiore accettazione internazionale.
HTS, composto da diversi gruppi distinti, è diventato la forza dominante in Siria a partire da dicembre 2024, riuscendo a rovesciare Bashar al-Assad e il suo regime. Ahmed al Sharaa è diventato presidente ad interim, in attesa delle prossime elezioni.

I curdi
Il nord-est della Siria è controllato dai curdi, che durante la guerra civile sono riusciti a stabilire un ampio livello di autonomia nella regione conosciuta come Rojava (“Kurdistan occidentale”) e in alcune zone limitrofe. Il Rojava si governa come un’entità autonoma, con proprie leggi e istituzioni, pur non essendo riconosciuto ufficialmente come stato indipendente.
Nel 2015 i curdi siriani hanno costituito le Forze Democratiche Siriane (SDF), un’alleanza di milizie curde, arabe, assiro-siriache e di altre minoranze (tra cui turcomanni, armeni e ceceni), supportata dagli Stati Uniti come forza sul terreno per combattere l’ISIS. Le SDF includono le YPG (Unità di Protezione del Popolo) e le YPJ (Unità di Protezione delle Donne), principali forze armate del Rojava, legate al Partito dell’Unione Democratica (PYD). Il PYD, ispirato all’ideologia di Abdullah Öcalan, promuove il confederalismo democratico e un modello secolare e federale per la Siria.
Le SDF operano principalmente nella Federazione Democratica Autonoma della Siria del Nord, che include città chiave come Al-Qamishli (capitale de facto), Raqqa, Al-Hasaka e Kobanê, liberate dall’ISIS. Sono in conflitto con le SNA e con la Turchia, che considera il PYD e le sue milizie come organizzazioni terroristiche, al pari del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan). La Turchia si oppone fermamente alla creazione di uno stato curdo autonomo nel nord della Siria e ha lanciato diverse operazioni militari nella regione, utilizzando milizie filo-turche per colpire i curdi. Allo stesso tempo, i rapporti con il governo di Damasco e altri attori come HTS rimangono incerti.

I gruppi filoturchi; l’SNA (ex FSA)
Il Syrian National Army (SNA) è una coalizione di gruppi armati di opposizione al regime di Bashar al-Assad, sostenuta dalla Turchia. Formalmente costituita nell’ottobre del 2019, la SNA si basa su diverse fazioni ribelli attive fin dai primi anni della guerra civile siriana, molte delle quali originariamente facevano parte dell’Esercito Siriano Libero (FSA).
L’FSA, fondato ufficialmente il 29 luglio 2011 da un gruppo di ex ufficiali siriani, aveva come obiettivo primario la protezione dei dimostranti pacifici dalle violenze perpetrate da polizia, esercito e milizie Shabiha. Con il tempo, l’FSA si è trasformato in una milizia strutturata, suddivisa in brigate con centri di comando nelle principali città siriane. La sua sede centrale si trovava in Turchia, da cui riceveva finanziamenti e supporto.
Successivamente, la Turchia ha riorganizzato le fazioni ribelli nel nord della Siria sotto un’unica struttura centralizzata, più controllabile e in linea con i suoi interessi strategici. Questo processo ha portato alla creazione della SNA, utilizzata da Ankara come forza operativa durante le sue principali operazioni militari in Siria, come l’Operazione Ramoscello d’Ulivo (2018) e l’Operazione Primavera di Pace (2019). Queste operazioni hanno permesso alla Turchia di stabilire “zone cuscinetto” lungo il confine siriano, strategiche sia per contrastare il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) che per consolidare la sua influenza nella regione.
La sede principale della SNA si trova ad Azaz, nel nord della Siria, vicino al confine turco, nella provincia di Aleppo. Oltre alla SNA, esistono altri gruppi armati filo-turchi attivi in Siria, che collaborano con Ankara per promuoverne gli interessi strategici. Tra i principali ci sono Ahrar al Sham, Faylaq al Sham, la Brigata Suleiman Shah (Amshat), la Divisione Sultan Murad, la Divisione Hamza, Jaish al Islam e altre alleanze minori e milizie locali.

Lo Stato Islamico
L’ISIS (Daesh) è un’organizzazione islamica di stampo jihadista. L’ideologia su cui si fonda l’ISIS si basa su una interpretazione estremista dell’Islam, ritenuta più pura. L’isis incolpa l’Occidente di aver spaccato il mondo musulmano e di averne impedito uno sviluppo indipendente motivo per cui ha compiuto vari attentati in tutta Europa. L’obiettivo finale dell’organizzazione era ed è quello di creare un vero e proprio Paese in cui radunare tutti i musulmani, riportandoli a un’interpretazione “più autentica” della legge islamica, la cosiddetta sharia.
L’ISIS ha le sue radici in Al Qaeda, fondata alla fine degli anni Ottanta da Osama Bin Laden. Dopo l’attentato dell’11 settembre 2001, gli Stati Uniti invasero l’Afghanistan e successivamente l’Iraq nel 2003. L’invasione dell’Iraq portò a una guerra civile tra le fazioni religiose ed etniche del paese, con i musulmani sunniti, una minoranza, particolarmente emarginati dal governo sciita di Al Maliki, eletto nel 2006. La politica di esclusione e le torture nelle prigioni statunitensi come Abu Ghraib e Camp Bucca alimentarono il risentimento sunnita. Abu Bakr al-Baghdadi, imprigionato a Camp Bucca, consolidò il suo potere tra i detenuti sunniti e, con il tempo, creò una base per quello che sarebbe diventato l’ISIS. Nel frattempo, in Siria, il regime alawita di Bashar al-Assad perseguitava i sunniti, generando ulteriore malcontento. Questo creò un terreno fertile per un’alleanza tra sunniti iracheni e siriani, che fu sfruttata dai jihadisti.
Con il ritiro parziale degli Stati Uniti dall’Iraq e il caos della guerra civile in Siria, l’ISIS crebbe rapidamente. Rubando consensi ad Al Qaeda, raccolse armi, reclutò combattenti e iniziò la conquista territoriale, partendo da Mosul in Iraq. L’ISIS divenne noto per la sua brutalità, il controllo su vaste aree e il tentativo di stabilire un califfato islamico. Iniziarono dall’Iraq, con la città di Mosul e a giungo del 2014 nella Grande Moschea al Nuri di Mosul, al-Baghdadi si mostrò a tutto il mondo proclamando pubblicamente la nascita dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante e dichiarando guerra agli infedeli e all’Occidente.
L’ISIS è stato sconfitto territorialmente nel 2019 grazie a una coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti, che ha avuto come principali forze di terra i combattenti curdi siriani e iracheni. Tuttavia, lo Stato Islamico non è stato completamente eliminato: cellule e gruppi affiliati sono ancora attivi, soprattutto nelle aree desertiche dell’est della Siria, in particolare nelle province di Deir Ezzor e Raqqa. Inoltre, l’ISIS mantiene una presenza attraverso cellule sparse in altre regioni, continuando a rappresentare una minaccia nella zona.
Drusi
Una delle minoranze più significative in Siria è quella dei drusi, che rappresentano poco meno del 5% della popolazione. I drusi sono una comunità religiosa di origine islamica, ma con un’identità distintiva ed è tradizionalmente chiusa a conversioni esterne. La loro principale base di potere si trova attorno alla città di Sweida, nel sud del paese, dove hanno storicamente mantenuto una certa autonomia. Durante la crisi del regime di Assad, i drusi di Sweida si sono ribellati, attaccando le forze del regime e riuscendo a scacciarle dalla città.
Alawiti
Un’altra importante minoranza in Siria è quella degli alawiti, un gruppo religioso di origine sciita che costituisce circa il 10% della popolazione. Gli alawiti seguono una forma unica dell’Islam sciita e sono spesso considerati una setta separata sia dai sunniti che dagli sciiti ortodossi. Tradizionalmente concentrati nelle montagne costiere della Siria, gli alawiti hanno acquisito un’influenza politica e militare significativa durante il regime di Hafez al-Assad e poi di suo figlio Bashar al-Assad, entrambi appartenenti a questa comunità. La famiglia Assad ha storicamente favorito gli alawiti, affidando loro i posti di comando più fedeli nelle forze armate e nelle istituzioni governative. Tuttavia, non tutti gli alawiti hanno sostenuto il regime: alcune fazioni minori all’interno della comunità hanno partecipato alle insurrezioni contro Assad.
Cristiani
I cristiani rappresentano una delle minoranze religiose più antiche e significative in Siria. Prima della guerra civile costituivano circa il 10% della popolazione, ma il conflitto ha ridotto drasticamente la loro presenza a causa di migrazioni forzate, persecuzioni e violenze. I cristiani siriani appartengono a diverse confessioni, tra cui la Chiesa Ortodossa Siriaca, la Chiesa Ortodossa Greca di Antiochia, la Chiesa Melchita Greco-Cattolica, la Chiesa Maronita e la Chiesa Armena. Tradizionalmente, i cristiani vivevano in comunità urbane come Damasco, Aleppo e Homs, così come in alcune regioni rurali.
La loro posizione è stata ambivalente durante la guerra civile: molti si sono schierati con il regime per timore delle fazioni ribelli islamiste, mentre altri, in misura minore, hanno sostenuto l’opposizione o scelto di restare neutrali.
FONTI:
https://www.ilpost.it/2024/12/22/tutti-i-gruppi-della-nuova-siria
https://www.ilpost.it/2024/12/02/hayat-tahrir-al-sham
Marshall, T. (2015). Le 10 Mappe che Spiegano il Mondo
Kurdistan, la Nazione Invisibile. Stefano Torelli (2016)