Gli effetti della pandemia sul mondo dell’istruzione

05/20 • 7 min • Copia link

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Le scuole e le università sono state tra le prime strutture a chiudere a fine febbraio, a causa dell’emergenza Coronavirus in Italia. Insieme alle scuole anche i luoghi della cultura hanno visto le loro porte chiudersi molto presto. Parliamo di cinema, teatri, musei e biblioteche che adesso, nel progetto di riapertura, sembrano avere un ruolo marginale.

Anche il processo di riapertura delle scuole appare incerto e non ben definito. Solo negli ultimi giorni si sono delineati i progetti che riguardano il prossimo anno scolastico. Per quanto riguarda le università, le direttive non sono mai state univoche e molto è lasciato alla gestione dei Rettori. Finora le scuole e le università hanno fanno del loro meglio per continuare il loro lavoro e mantenere vivo l’ambiente che rappresentano, non senza difficoltà.

Le linee guida del MIUR

La necessità di trasformare la didattica in presenza in didattica a distanza (DAD) si è rivelata presto tanto imprescindibile quanto difficoltosa. Come ricorda la nota pubblicata dal Ministero dell’Istruzione a marzo, la DAD deve da un lato mantenere vivo il senso di appartenenza e dall’altro portare avanti il percorso di apprendimento. Sembrano due obiettivi scontati ma la pratica ha presto rivelato una serie di problematiche che hanno portato alla luce limiti e difficoltà notevoli.

La nota del MIUR propone dei consigli per l’avvio della DAD. Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia il consiglio è stato quello di concentrarsi sulla dimensione ludica dell’insegnamento. Indicazioni simili sono state date anche alla scuola primaria. La scuola secondaria di primo e di secondo grado è invitata a non concentrarsi troppo sulla didattica online, ma a proporre anche attività individuali in differita. La gestione dei corsi delle Università e di AFAM (Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica) non è menzionata nella nota del 17 marzo. Questa gestione è quindi stata lasciata quasi esclusivamente ai Rettori, in accordo e secondo le disposizioni del Ministero della Salute e delle Regioni.

Un passaggio difficoltoso

Le difficoltà che hanno riguardato sin da subito la DAD sono state diverse. Non solo ovvie problematiche legate alla tecnologia: insegnanti e professori che, senza un’adeguata formazione, non sono stati in grado di avere un contatto diretto con gli studenti, piattaforme online in sovraccarico per l’eccessiva quantità di dati, difficoltà nella gestione del dialogo a distanza e simili.

Il diritto allo studio diventa elitario?

La didattica online ha fatto emergere un forte divario sociale che è da sempre stato presente nella nostra società. Il 6 aprile l’ISTAT ha pubblicato una ricerca sulla disponibilità dei mezzi tecnologici (in particolare computer e tablet) nelle famiglie italiane. Questa ricerca mette in luce come il diritto all’istruzione, sebbene classificato come diritto fondamentale, durante questa pandemia si sia rivelato un diritto per le élite.

È stato rilevato che, negli anni 2018-2019, il 33,8% delle famiglie non ha un computer o tablet in casa e che solo il 22,2% possiede un computer o tablet per componente. I nuclei più penalizzati sono quelli del Mezzogiorno, dove 4 famiglie su 10 non possiedono un computer o tablet. La stessa ricerca mette in luce la scarsità delle competenze digitali tra i giovani (14 – 17 anni): meno di 1/3 presenta capacità digitali elevate.

La difficile gestione da parte delle famiglie

Oltre alla mancanza di mezzi, il problema della gestione familiare non è da sottovalutare e riflette anch’esso un pesante divario sociale. Per il periodo in cui le famiglie sono state chiamate a restare a casa, i figli hanno dovuto seguire le proprie attività mentre i genitori lavoravano. Se per un ragazzo delle scuole superiori è possibile gestire autonomamente il lavoro da svolgere e il tempo libero, lo stesso non vale per gli alunni delle elementari, delle medie e soprattutto per i più piccoli della scuola dell’infanzia, che hanno bisogno di un supporto e di una vicinanza costante nella gestione tanto del materiale scolastico, quanto dei momenti di svago.

Questo aspetto si è aggravato con il ritorno graduale alla normalità: non tutte le famiglie si possono permettere o vogliono lasciare il figlio in custodia a qualcuno mentre tentano di abituarsi alla routine della convivenza con il virus. Alla luce di queste difficoltà, il Governo ha messo a disposizione un congedo parentale o in alternativa un bonus per il baby-sitting.

La ripresa

In ogni caso la gestione dell’istruzione ci ha condotti verso la fine dell’anno scolastico e due domande rimangono aperte: cosa fare a settembre? Come gestire gli esami di terza media e di maturità?

Gli esami di Stato

Per quanto riguarda la seconda domanda, gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da una serie quasi infinita di proposte, dubbi, idee, cambiamenti improvvisi che hanno lasciato insegnanti e studenti nel baratro.

Finalmente, il 6 maggio la Ministra dell’Istruzione Azzolina sembra aver dato delle risposte definitive: gli esami che concludono il ciclo della scuola secondaria di primo grado si svolgeranno a distanza, gli alunni delle terze medie saranno chiamati a trasmettere in via telematica un elaborato originale che integri più discipline e che sarà valutato dal consiglio di classe.  

Gli esami di maturità inizieranno il 17 giugno e si svolgeranno in presenza, con una commissione interna di sei membri e un presidente esterno. Sono state abolite le prove scritte, che saranno sostituite da un colloquio orale della durata di 60 minuti. Durante il colloquio sarà necessario presentare un elaborato sulle discipline di indirizzo, analizzare un testo di lingua e letteratura italiana studiato durante l’ultimo anno e analizzare dei materiali proposti dalla commissione sulle altre materie. Inoltre, sarà richiesta l’esposizione dell’esperienza dei PCTO (percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento). Infine, saranno poste delle domande per accertare le competenze di cittadinanza e costituzione; in quest’ultimo frangente la Ministra propone di porre allo studente domande che si rifacciano alla sua personale esperienza del lockdown. La valutazione del colloquio sarà fino ai 40 punti.

Il prossimo anno scolastico

Per quanto riguarda la possibile ripresa delle attività curricolari in presenza a settembre, Amanda Ferrario, dirigente scolastico e membro del Comitato di esperti per la riapertura delle scuole, afferma che è necessario che gli studenti fino alle scuole medie rientrino in classe a settembre, perché devono poter continuare il percorso scolastico in un contesto di socialità. Per quanto riguarda gli studenti delle superiori resta probabile l’ipotesi che la didattica a distanza continui almeno per la prima parte dell’anno.

Gli altri paesi europei

L’Italia e la Spagna sono gli unici paesi che hanno deciso di tenere tutte le scuole chiuse almeno fino a settembre. Per quanto riguarda gli altri paesi europei, molti si sono concentrati sugli alunni che devono terminare il ciclo di studi; questo vale ad esempio per la Germania, il Portogallo, il Belgio e la Grecia. Altri invece hanno dato la priorità alle scuole dell’infanzia, dividendo i bambini in gruppi che non vengono mai in contatto tra loro. È questo il caso della Danimarca, della Norvegia e della Polonia.

L’Università e la Ricerca

Come già accennato, il Ministero non ha fornito linee guida univoche per gli Atenei. In ogni caso, le Università sono riuscite a tradurre la loro didattica in presenza rapidamente in una didattica online, con diverse modalità: lezioni live, file audio, video o testuali, incontri con esperti e specialisti, esami sia scritti che orali.

Il Decreto Rilancio del 13 maggio è in parte dedicato anche all’Università e alla Ricerca. Sono stati stanziati 1,4 miliardi e aumentato il finanziamento alle università per ampliare la no-tax area e fornire più borse di studio.

Non si sa ancora come riprenderà la didattica il prossimo autunno ma, come ricorda Elio Franzini, Rettore dell’Università degli Studi di Milano, l’università “tradizionale” non sarà mai un’università telematica.

Università degli Studi di Milano, via Festa del Perdono 7

Tutti gli esperti che in questi mesi hanno contribuito alla ricerca e alle valutazioni strategiche, che stanno permettendo al paese di attraversare questa emergenza sanitaria, provengono e si confrontano con l’ambiente universitario. Per questo l’università è un luogo fondamentale non solo per la cultura, ma per lo sviluppo del paese e non può essere lasciato indietro.

Allo stesso modo la scuola fonda le basi non solo per l’istruzione, ma anche per una partecipazione produttiva e positiva alla collettività e alla cittadinanza, valore che si dimostra fondamentale sempre, non soltanto in momenti di incertezza.

di Teresa Tessari