Cos’è il sex work: leggi e diritti

09/20 • 8 min • Copia link

Nella società contemporanea tutto si vende, tutto si compra, tutto si scambia e si fruisce. In questo “tutto” sono compresi anche gli atti e le performance sessuali.

Che cos’è il sex work

Il sex work (lavoro sessuale) è un ambito di difficile definizione. Nella sua concezione più ampia e inclusiva il sex work comprende qualsiasi attività che preveda lo scambio di denaro o di beni in cambio di servizi e/o performance sessuali.

Può trattarsi di prestazioni stabili o occasionali, che vedono come protagonisti adulti di qualsiasi orientamento sessuale e identità di genere, bambini e adolescenti. Il lavoratore sessuale può definire o meno, tale attività come redditizia.

Un termine inclusivo e non giudicante

Il termine sex work guadagna popolarità all’interno della lingua inglese a partire dagli anni ’70, grazie al proliferare di movimenti in difesa dei diritti delle sex workers. Il vocabolo è svestito della patina stigmatizzante, moralistica e denigrante dei termini prostituzione. Per questo viene sempre più impiegato anche nella lingua italiana accanto alla traduzione “lavoro sessuale”.

In questo articolo i termini sex work, lavoro sessuale e prostituzione sono utilizzati come sinonimi.

Le diverse facce del sex work

È facile associare l’idea di prostituzione all’ambito della strada. Il lavoro sessuale è però un campo molto più vasto e variegato, influenzato largamente dall’avvento di internet e dei social media.

Il sex work si differenzia principalmente in due categorie. Possiamo individuare alcune forme di prostituzione diretta, tra cui: la prostituzione di strada, i bordelli, l’attività di escort, i contatti privati (i clienti contattano il/la lavoratore/lavoratrice privatamente spesso via telefono), la prostituzione “window” o “doorway” (tipica dei quartieri a luci rosse di Amsterdam e Amburgo nei quali le sex worker sono in vetrina), e diverse altre.

Esistono poi forme di prostituzione indiretta, tra le quali possiamo individuare: dominazione e bondage, lap dance, stripping, centro massaggi, accordi individuali, Geishe, sesso per sopravvivenza (casi in cui beni primari o protezione sostituiscono il pagamento in denaro).

Per quanto riguarda l’industria pornografica anche gli attori di film pornografici rientrano nella categoria dei sex workers. Accanto a loro, anche coloro che si occupano di webcam modeling o di linee erotiche a pagamento.

I pregiudizi sul lavoro sessuale

Come già sottolineato il termine “prostituzione” nella nostra lingua è un termine tendenzialmente denigratorio. Proprio nel termine sex work è presente un elemento di rivendicazione fondamentale: gli attivisti vogliono che esso sia considerato a tutti gli effetti un lavoro, che ha le sue regole e i suoi contratti, ma soprattutto una sua dignità.

Dignità della quale spesso le sex worker e i sex worker sono spogliate, soprattutto per quanto riguarda gli attacchi e le discriminazioni di varia natura di cui sono vittime.

Il problema della lingua

Il linguaggio è una delle principali modalità attraverso le quali l’uomo è in grado di muoversi nel mondo. Pensiamo però a quanto i termini “prostituta”, “puttana” e tutte le loro declinazioni sono entrati nel nostro linguaggio comune in qualità di insulti, che spesso non hanno nemmeno a che fare con un interesse per la vita sessuale di chi li riceve.

Questo, tra gli altri, è uno dei problemi che le sex worker incontrano muovendosi nella vita di tutti i giorni e soprattutto svolgendo il loro lavoro.

Gerarchia del sex work

Nel suo testo Generazione Slut, la scrittrice statunitense Karley Sciortino parla di un fenomeno conosciuto come Whorearchy, traducibile in italiano come “gerarchia tra puttane”.

Si tratta di un fenomeno che causa una categorizzazione e un conseguente giudizio nell’ambito del sex work. Questa scala si fonda sul diverso grado di rispetto che, agli occhi di una società, merita ogni diverso tipo di lavoro sessuale.

Il piano più basso della scala è occupato dalla prostituzione su strada, a salire poi la prostituzione svolta al chiuso, l’escorting, il porno, fino alla dominazione (mistresses e masters) e agli sugar baby, che occupano la vetta della piramide.

Legislazioni nel mondo

Il sex work nelle sue varie forme esiste in tutto il mondo. Le leggi che lo regolamentano però, sono molto varie. Queste spaziano dalla piena criminalizzazione, alla piena decriminalizzazione. Di seguito i modelli esistenti:

  • Modello proibizionista (nella mappa in rosso): la prostituzione secondo questo modello è criminalizzata al cento per cento. È quindi illegale vendere, comprare, gestire o incitare alla prostituzione. Alcuni stati che adottano questo tipo di leggi sono la Cina, la Russia, gli Stati Uniti.
  • Modello svedese (arancione): prevede la criminalizzazione dei clienti e delle terze parti interessate e non di chi personalmente offre il servizio di sexwork. Questo modello è conosciuto anche come neo-abolizionismo o modello nordico e viene impiegato da Svezia, Norvegia, Irlanda, Francia e Canada.

Dove è (quasi) legale?

  • Modello abolizionista (blu): secondo questo modello la prostituzione è legale ma non regolamentata. In questo caso è illegale il lavoro compiuto da terze parti (attività di favoreggiamento, sfruttamento, incitamento). È questo il caso dell’Italia, che si affida alla legge Merlin del 1958. Secondo questa legge lo stato non interviene nella regolamentazione del fenomeno, i comuni quindi hanno ampio spazio di manovra nella gestione. Le ordinanze comunali emesse con l’intenzione di limitare la pratica sono molte, e spesso impongono multe salate per i clienti e per le prostitute di strada. Questo modello interessa molti altri stati tra cui Spagna, Brasile e India.
  • Neo-regolamentismo (verde): il regolamentismo tradizionale era il modello che interessava l’Italia prima della Legge Merlin e prevedeva l’esistenza di case chiuse e bordelli. Il neo-regolamentismo (o legalizzazione) prevede l’esistenza di leggi che controllino e regolino la prostituzione e si differenzia largamente da paese a paese. In alcuni stati è previsto un permesso di lavoro, in altri delle licenze e in altri ancora sono istituite delle zone di tolleranza. È questo il modello dei Paesi Bassi, della Germania e della Turchia.
  • Decriminalizzazione (azzurro): secondo questo modello il sex work non è criminalizzato in nessuno dei suoi aspetti. Questa modalità è adottata dalla Nuova Zelanda, che inoltre coinvolge le cooperative di sex worker nelle leggi che regolamentano l’attività.

Esistono in fine paesi in cui la legislazione cambia a seconda dei governi locali (grigio).

Diversi tipi di legislazione nel mondo

La tratta sessuale

Per “tratta” intendiamo un traffico illegale e non consensuale. La tratta sessuale (in inglese sex trafficking) comporta l’uso della forza, dell’inganno o la coercizione, con il fine di portare un adulto o un minore a svolgere lavori in ambito sessuale.

Gli attori di questo meccanismo sono tre: il trafficante, la vittima e il cliente. La tratta sessuale è un ambito che continua a fiorire perché i clienti continuano a chiedere e usufruire del servizio.

Decriminalizzare per limitare gli abusi

Nei luoghi dove la prostituzione è criminalizzata è molto difficile per le forze dell’ordine e i governi riconoscere in quali casi i lavoratori sessuali sono vittime della tratta, e in quali invece svolgono la loro attività per altre motivazioni.

Non tutti coloro che praticano sex work infatti sono “vittime”, nonostante sia questa la narrazione che conosciamo maggiormente. La decriminalizzazione della prostituzione nelle sue varie forme può aiutare i governi e le associazioni nazionali e internazionali a riconoscere e limitare questi abusi.

I diritti del sex work

Il tema dei diritti delle sex workers e dei sex workers incontra spesso critiche e opposizione dai governi e dai quotidiani di tutto il mondo. L’associazione per i diritti umani Amnesty International ha deciso di schierarsi a favore della decriminalizzazione del sex work.

Il principio che seguono è semplice: la prostituzione non è un diritto umano, ma chi la pratica è umano ed è a queste persone che i diritti vanno garantiti. Lo stesso ha fatto l’associazione non governativa internazionale Human Rights Watch.

La prospettiva di Amnesty International

La sicurezza è un diritto

Il tema della tratta e dello sfruttamento è uno delle argomentazioni di chi è contrario alla prostituzione legale.

L’argomento di Amnesty e in generale dei sostenitori della decriminalizzazione tocca anche questo punto. Il traffico di essere umani è infatti una violazione dei diritti umani e come tale dovrebbe essere criminalizzato a prescindere dalla prostituzione.

La criminalizzazione del sex work porta con sé gravi conseguenze per coloro che lo praticano: l’impossibilità di avere un lavoro sicuro, la mancanza di tutele finanziarie e sanitarie e infine, lo stigma sociale.

Una rete internazionale

NSWP (Global Network of Sex Work Projects) è un’organizzazione associativa che ha come membri diverse realtà locali, statali e regionali che supportano il sex work in tutto il mondo.

I suoi principi fondamentali sono: la considerazione del lavoro sessuale come al pari di altri lavori e l’opposizione a ogni forma di criminalizzazione del lavoro sessuale. Infine, il supporto dell’autodeterminazione e autorganizzazione dei e delle sex workers.

La volontà dell’organizzazione è quindi quella di portare avanti il dibattito sul sex work al fine di inserirlo e decriminalizzarlo in tutte le società del mondo, allontanando ogni forma di abuso, sopruso e discriminazione.

di Teresa Tessari