Calabria-Sicilia – Emergency – Dicembre 2024

Prima di iniziare a scrivere questo blog, ho voluto prendermi del tempo per riflettere e assimilare tutto ciò che ho visto e ascoltato durante il mio viaggio in Calabria e in Sicilia. Cominciamo da una domanda che forse vi siete già posti: cosa ci facevamo lì a dicembre?

Eravamo sul campo per un progetto commissionato in collaborazione con EMERGENCY. L’obiettivo è raccontare tematiche sociali che accadono in Italia, spesso trascurate o dimenticate. Il nostro compito, come inviati, è produrre materiale audiovisivo che sarà condiviso nei prossimi mesi. In Calabria e in Sicilia abbiamo affrontato un tema delicato ma cruciale: il caporalato e le condizioni dei lavoratori braccianti.

Ingresso Tendopoli di San Ferdinando

Calabria

La Piana di Gioia Tauro è una vasta area agricola della Calabria, nota per la produzione di agrumi e Kiwi (anche olive), ma anche per problematiche legate al caporalato e allo sfruttamento dei lavoratori migranti. Ogni anno, da fine ottobre a fine febbraio, le strade di paesi come Rosarno e San Ferdinando si popolano di persone, per lo più provenienti dall’Africa subsahariana, che arrivano per la raccolta stagionale degli agrumi e, più recentemente, dei kiwi. La coltivazione e la vendita dei kiwi si sono infatti rivelate più redditizie rispetto a quella degli agrumi, e i frutti raccolti vengono spediti in tutta Italia e oltre oceano. Molti di questi lavoratori sono stagionali, spostandosi di regione in regione in base ai periodi di raccolta di diversi frutti e verdure.

Nella Piana di Gioia Tauro si trova la tendopoli di San Ferdinando, inaugurata nel 2017 e situata in un’area extraurbana, a pochi chilometri dal centro abitato. Qui vivono circa cinquecento persone in condizioni estremamente precarie, senza adeguato accesso a servizi igienico-sanitari, acqua potabile o elettricità.

Presentata inizialmente come una soluzione temporanea, la tendopoli si è trasformata in un simbolo di esclusione sociale. Sebbene in origine fosse sovvenzionata dal Ministero dell’Interno, come dimostrano le tende marchiate, il sostegno statale è terminato nel febbraio 2021. Da allora, la tendopoli non riceve più finanziamenti pubblici, lasciando i suoi abitanti in una situazione di abbandono e marginalizzazione. Solo alcune organizzazioni, come Caritas, EMERGENCY, Il Cenacolo di Maropati, Medici per i Diritti Umani e Incipit forniscono assistenza sociosanitaria, psicologica e legale.

Coltivazioni di Kiwi

Sicilia

Dalla Calabria ci siamo poi spostati in Sicilia, nel cuore del Ragusano, dove si estende la cosiddetta Fascia Trasformata: un’area agricola della Sicilia sud-orientale che abbraccia i territori delle province di Ragusa e Siracusa. Questo territorio, caratterizzato da oltre 30 chilometri di serre, è il centro di un’intensa produzione di ortaggi. Qui lavorano almeno 28.000 braccianti agricoli, ma è probabile che i numeri effettivi siano ancora più alti.

A differenza della Calabria, il lavoro nella Fascia Trasformata non è stagionale, ma prosegue tutto l’anno. Ogni tre o quattro mesi, infatti, si raccolgono e ripiantano ortaggi come melanzane, pomodori, zucchine, peperoncini e molto altro, destinati al mercato italiano e internazionale. Anche la provenienza dei lavoratori qui è diversa. Se in Calabria si incontrano prevalentemente migranti subsahariani, nella Fascia Trasformata i braccianti provengono principalmente dal Nord Africa (Tunisia, Algeria, Egitto, Marocco) e dall’Est Europa (Romania, Albania).

Non essendo un lavoro stagionale, molti di loro si sono stabiliti qui in modo permanente, hanno messo su famiglia e non intendono spostarsi, a differenza di quanto accade ai lavoratori stagionali della Piana di Gioia Tauro. Nonostante ciò anche qui la situazione è complessa. Le condizioni lavorative sono altrettanto difficili: i braccianti lavorano per circa 10-12 ore al giorno sotto un clima asfissiante, percependo salari che, in molti casi, rappresentano solo un terzo del salario minimo previsto. I braccianti vivono poi spesso in condizioni abitative estremamente precarie, alloggiando in casolari abbandonati, insediamenti informali o vecchi magazzini agricoli. Molte volte anche nelle serre stesse dove lavorano durante la giornata. Come in Calabria, l’accesso ai servizi sanitari è limitato, complicato dalla mancanza di mediazione culturale e da barriere burocratiche, rendendo difficile per i lavoratori migranti ottenere le cure necessarie. 

Distese di Serre

Conclusione

Nonostante la promulgazione di diverse leggi dei vari governi italiani per contrastare il caporalato, sono comunque emerse nel corso del tempo, nuove forme di sfruttamento. Un esempio su tutti sono i cosiddetti “lavori in grigio”: contratti che riportano un numero di ore lavorative decisamente inferiore rispetto a quelle effettivamente svolte. Una delle cose che più mi ha colpito è la totale assenza dello Stato. Queste persone, che ogni giorno contribuiscono a portare cibo sulle nostre tavole, vengono abbandonate a loro stesse, invisibili agli occhi della società. Sono gli ultimi, quelli che non vediamo ma di cui abbiamo bisogno. Pensate che, in molti casi, non hanno nemmeno accesso a un medico di base, perché spesso classificati come migranti “irregolari”. Eppure, la loro manodopera ci torna comoda.

Ma proviamo a essere sinceri. Al supermercato, se vi trovaste davanti a mandarini a 6 euro al chilo e altri, forse altrettanto buoni, a 2 euro al chilo, quali scegliereste? E con quale diritto chi se lo può permettere critica chi fatica ad arrivare a fine mese per non scegliere quelli più cari? E se tutti costassero 6 euro al chilo, ma quelli spagnoli (prodotto di condizioni lavorative altrettanto critiche) o extraeuropei fossero a 2 euro, quale opzione sceglierebbe la maggioranza? Purtroppo, questo ragionamento si applica a tutto: caffè, tè, agrumi, pomodori… la lista è infinita.

Questa dinamica di prezzi e scelte di consumo rivela quanto il nostro sistema sia intrinsecamente legato a disuguaglianze che accettiamo, spesso inconsapevolmente, per comodità o necessità economica. Ma a che prezzo? E, soprattutto, a spese di chi?

Come ho già detto in passato e continuerò a ripetere, spesso si parla di un problema di immigrazione, ma quasi mai si affronta quello, ben più significativo, dell’integrazione.