Aborto: storia e dibattito pubblico

07/20 • 11 min • Copia link

Con il termine aborto si intende l’interruzione della gravidanza prima che il feto possa essere in grado di sopravvivere fuori dall’utero materno. Questo comporta quindi, la perdita del feto e può avvenire sia per cause naturali, che in maniera volontaria.

L’aborto che avviene per cause naturali è detto comunemente spontaneo e interessa in particolare lo studio della medicina. L’IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza) è invece al centro di un dibattito etico, morale, religioso e filosofico ormai da molti anni.

L’interruzione volontaria di gravidanza non è una novità

Un dato di fondamentale importanza, è che l’interruzione di gravidanza è stata praticata, soprattutto con metodi clandestini e pericolosi per la salute, durante tutta la storia dell’uomo.

Le prime testimonianze della pratica dell’aborto risalgono all’Antico Egitto e ci sono giunte grazie a un papiro del 1550 a.C.. Già all’epoca le donne, a seconda della classe sociale di cui facevano parte, erano punite severamente dalla legge per aver praticato l’aborto e, soprattutto, per essere andate contro la volontà del marito.

La violenza delle leggi e la mancanza di supporto medico, psicologico e legale non ha comunque arrestato questa pratica, che nella storia ha continuato ad essere diffusa. Una delle modalità secondo le quali l’interruzione di gravidanza è stata condotta clandestinamente nei secoli è grazie a un’erba aromatica molto diffusa: il prezzemolo. Il prezzemolo contiene infatti l’apiolo, una sostanza che assunta in grandi quantità è a tutti gli effetti abortiva. La preparazione e l’assunzione di decotti di prezzemolo è estremamente pericolosa e provoca spesso cause disastrose nelle donne che utilizzano questa modalità per interrompere la loro gravidanza. Tra i rischi ci sono gravi emorragie interne ma anche la morte.

Una figura particolare, protagonista della storia delle interruzioni di gravidanza clandestine, è la mammana. Il termine è originario dell’Italia centro-meridionale e indicava colei che svolgeva il mestiere di levatrice ma anche che praticava l’aborto clandestinamente, con mezzi rozzi e notevolmente pericolosi per la salute delle donne. Spesso gli strumenti utilizzati erano ferri da maglia, grucce e fili di ferro ripiegati.

Queste pratiche non sono state abbandonate soprattutto nei paesi in cui l’interruzione volontaria di gravidanza è illegale oppure dove è molto difficile accedervi.

strumenti aborto
Alcuni strumenti utilizzati per l’aborto clandestino

Diverse tipologie di interruzione di gravidanza

Esistono diversi tipi di aborto, uno in particolare dovuto a cause naturali (aborto spontaneo) e due che si svolgono invece volontariamente grazie a mezzi differenti: un farmaco da un lato, e un’operazione chirurgica dall’altro.

Aborto spontaneo

L’aborto spontaneo è l’interruzione di gravidanza che avviene spontaneamente nel primi 180 giorni. Solitamente si verifica nel primo trimestre e interessa in media il 30% delle gravidanze.

Gli aborti spontanei possono essere:

  • Completi, se avviene un’espulsione spontanea totale del feto senza vita.
  • Incompleti o ritenuti se non avviene un’espulsione completa, ma non vi è alcuna attività cardiaca nell’embrione nel feto.

Dopo la diagnosi di un aborto spontaneo si può procedere o con una terapia chirurgica, conosciuta come raschiamento, che prevede la rimozione chirurgico del materiale intrauterino ancora presente.

L’aborto spontaneo è parte della naturale vita della specie umana sulla terra, ma ciò non significa che non abbia un forte impatto sulla psiche di coloro che attraversano questo evento. Uno studio americano rivela quanto le donne che vivono un aborto spontaneo, siano soggette a sintomi riconducibili all’ansia, alla depressione e alla sindrome da stress post traumatico.

La narrazione romantica della maternità che si è sviluppata nel corso della storia e le moderne tecnologie di ecografia che permettono di visualizzare il feto, hanno spostato l’attenzione dalla salute fisica e psicologica della madre, al figlio non ancora nato e alla società. Tutto ciò ha causato un grande tabù intorno all’aborto spontaneo, che resta un tema difficile da affrontare sia nella quotidianità, che in contesti medici.

Aborto farmacologico

L’aborto farmacologico avviene mediante l’assunzione di un farmaco conosciuto come RU486 che induce l’interruzione di gravidanza. Può essere assunto solo entro i primi 49 giorni di amenorrea (tempo che trascorre dall’ultima mestruazione).

Il farmaco è disponibile in tutta Europa ad eccezione della Polonia e della Lituania. Tuttavia, è entrato in commercio in Italia solo nel 2009, al seguito di una lunga battaglia. In ogni caso restiamo l’unico paese in Europa nel quale l’assunzione di questo farmaco è prevista in un regime di day hospital. L’ospedalizzazione per questa procedura, secondo molti non sarebbe necessaria. Infatti, secondo Anna Uglietti, ex responsabile dell’ambulatorio IVG della clinica Mangiagalli di Milano, si tratta di una mossa puramente ideologica, che mette restrizioni alla libertà di scelta delle donne che decidono di interrompere la gravidanza.

Il dibattito recente

L’aborto farmacologico è stato al centro di una recente polemica nel nostro paese. La giunta leghista della regione Umbria ha infatti deciso di reintrodurre l’obbligo di ricovero di tre giorni per la somministrazione dell’RU486.

Il 29 giugno, la regione Toscana ha fatto un passo verso la garanzia della libertà di scelta e dei diritti riproduttivi, rendendo possibile l’assunzione del farmaco anche in strutture territoriali pubbliche non ospedaliere ma collegate ad ospedali. Tra questi, ambulatori autorizzati. Il presidente della regione ha dichiarato di voler facilitare l’accesso a questa procedura, perché l’eccessiva burocrazia e i passaggi complicati non fanno altro che colpevolizzare e punire le donne per aver fatto una scelta di cui hanno pieno diritto.

Aborto chirurgico

L’aborto chirurgico è un’operazione, svolta solitamente con anestesia generale, e consiste nello svuotamento mediante aspirazione del contenuto uterino per mezzo di una cannula.

Questa operazione deve essere svolta obbligatoriamente in una struttura ospedaliera e richiede qualche ora di ricovero.

Questa modalità di IVG viene effettuata in particolare se il feto presenta gravi malformazioni o in caso di evidenti rischi per la salute della donna. Si tratta di un’operazione chirurgica che porta con sé innanzitutto i rischi legati all’anestesia totale, oltre alla possibilità di perforazione dell’utero o di infezioni legate all’inserimento di un corpo estraneo all’interno dell’utero.

Quale sono le differenze tra le due modalità di IVG?

Dal punto di vista dell’efficacia non si riscontrano differenze per quanto riguarda le percentuali di fallimenti. Escludendo i rischi che abbiamo già citato, per quanto riguarda l’aborto chirurgico, gli effetti collaterali delle due modalità sono simili: dolori, nausea, vomito, diarrea, cefalea, febbre o brividi. Questi effetti tendono a scomparire spontaneamente.

Le due modalità hanno però due funzionalità profondamente diverse. L’aborto farmacologico viene praticato per salvaguardare la salute psichica della donna, che non desidera o che non ha la possibilità di avere un figlio. L’aborto chirurgico invece, viene definito terapeutico, perché salvaguarda la salute fisica della donna, in caso ella presenti gravi patologie che possono mettere a repentaglio la sua vita è quella del feto.

Le leggi sull’aborto

Le leggi sull’aborto variano nei diversi paesi del mondo. Nei paesi in cui IVG è legale è comunque soggetta a restrizioni temporali: non è possibile abortire in qualunque momento della gravidanza, ma solo entro un certo periodo. Al termine di questo periodo l’interruzione è concessa solo in casi particolari. Per questo motivo viene sottoposta all’approvazione di un medico e praticata solo in casi in cui il feto presenti gravi malformazioni, o in cui la gravidanza metta a repentaglio la salute della donna.

Il termine è solitamente fissato alla dodicesima settimana di gestazione, che coincide indicativamente alla fine del terzo mese. Ma questo parametro può ampliamente variare.

L’esempio della Svezia

La Svezia è uno dei primi paesi in cui l’aborto è stato legalizzato. Nel 1938 la legge prevedeva la possibilità di interruzione volontaria di gravidanza in caso di evidenti ragioni mediche (pericolo per la salute della donna) o umanitarie (gravidanza in seguito a uno stupro).

La legge attuale risale al 1974 e prevede che l’IVG possa essere praticata fino alla diciottesima settimana di gestazione, senza addurre giustificazioni. Dopo la diciottesima settimana e fino alla ventiduesima, è necessaria l’approvazione del Consiglio nazionale svedese per la salute e il benessere, che può concederla nel caso in cui la donna o il feto presentino gravi malattie.

Dal 1957 l’accesso all’aborto in Svezia è gratuito e dal 2004 l’aborto farmacologico (che avviene tramite una pillola) può essere praticato in casa.

La legge 194 e l’IVG in Italia

Il 22 maggio 1978, al seguito di una lunga battaglia che ha visto protagoniste in particolare Adele Faccio e Emma Bonino e il movimento femminista italiano nelle piazze, la legge 194 è stata approvata. Alla Camera la legge passò con 308 voti favorevoli e 275 contrari. Al Senato si registrò una situazione simile: 160 voti favorevoli e 148 contrari.

Legge sull’aborto

Prima di questa legge praticare l’aborto in Italia era un reato secondo il Codice Penale. Sia le donne che decidevano di abortire, che coloro i quali praticavano l’aborto, erano soggetti a una pena che prevedeva da due a cinque anni di carcere.

La legge è stata istituita per limitare l’aborto clandestino, che era e continua ad essere un importante problema all’interno della realtà sociale italiana. Ma il dibattito su questa legge non si è ancora concluso.

Gli obiettori di coscienza

l più grande ostacolo per l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza per le donne italiane è l’altissima percentuale di medici obiettori nel paese. I medici obiettori sono i medici che praticano l’obiezione di coscienza: si rifiutano di sottostare a una norma dell’ordinamento giuridico.

Le percentuali di ginecologi obiettori variano sensibilmente da una regione all’altra. Il dato sorprendente, e preoccupante, è che in solo una regione (la Valle d’Aosta) la percentuale è inferiore al 50%. Dopo la Valle d’Aosta, la regione che presenta la percentuale minore di obiettori è l’Emilia Romagna (51,8%). La percentuale maggiore si registra in Molise (93,3%), seguito dal Trentino Alto-Adige (92,9%).

Si calcola che nel 2017 i medici obiettori sul territorio nazionale fossero il 70% mentre per quanto riguarda gli anestesisti la percentuale è del 49,3%.

Medico

La situazione europea

La situazione italiana è specialmente preoccupante e rivelatrice di un retaggio ideologico retrogrado, se si mette a confronto con quella del resto d’Europa.

In Gran Bretagna la percentuale di medici obiettori ammonta al 10%. In Svezia e in Finlandia l’obiezione di coscienza semplicemente non esiste: non è possibile per la struttura sanitaria rifiutarsi di offrire questo servizio alla popolazione. La Germania (dove la percentuale di obiettori ammonta al 6%) e la Norvegia prevedono, tra i requisiti per le assunzioni del personale medico, anche la volontà di praticare interruzioni di gravidanza.

In Francia la percentuale dei medici obiettori ammonta solo al 3% e in ogni caso un medico che faccia parte di questa percentuale ha l’obbligo di indirizzare la donna verso un collega che possa garantirle l’assistenza che necessita.

Il paradosso dei farmacisti

Un altro problema tutto italiano, riguarda i farmacisti che si rifiutano di vendere le cosiddette pillole del giorno dopo o dei cinque giorni dopo. È fondamentale sottolineare che questi medicinali non sono abortivi ma sono contraccettivi di emergenza.

Ciò significa che i farmacisti non possono addurre alcuna motivazione valida per non fornire questi medicinali, per cui la ricetta per le pazienti maggiorenni non è richiesta.

Pillola

Una questione di diritti

Il procedimento per ottenere l’IVG è in ogni caso lungo e complicato, perché in Italia prevede una “pausa di riflessione” di sette giorni tra il ritiro del certificato cha autorizza l’IGV e la conferma dell’appuntamento. Inoltre il sistema sanitario è costruito per tutelare la salute dei cittadini e delle cittadine, e i suoi componenti non dovrebbero interferire con questa funzionalità. Queste complicazioni, oltre a quelle già menzionate, causano notevoli problemi e preoccupazioni per le donne che scelgono o che si vedono costrette dalla situazione in cui vivono a prendere questa scelta.

Snellire le procedure e garantire il diritto di poter scegliere cosa sia meglio per sé, è quello di cui l’Italia necessita. Solo in questo modo la legge 194 si mostrerebbe davvero coerente e garantirebbe la tutela di coloro che decidono di avvalersi delle possibilità che lo stato già garantisce.

A che cosa serve una legge sull’aborto?

Il punto definitivo, di importanza prima e fondamentale, è che una legge che regolarizzi e permetta un’interruzione di gravidanza sicura e garantita è fondamentale per la salute delle donne. L’interruzione di gravidanza infatti, come abbiamo già riportato, avviene da secoli, nonostante tutte le legislazioni lo impedissero.

Le modalità clandestine di aborto sono incredibilmente rischiose, e un paese che voglia tutelare i suoi cittadini presenti e futuri deve fare di tutto affinché le donne non siano costrette a ricorrere a questi metodi.

Una legge sull’aborto non spinge le donne ad abortire. Una donna che volesse abortire in qualsiasi circostanza, anche illegale, troverebbe il modo per farlo. La forza e l’importanza di questa legge risiedono nella garanzia di una decisione consapevole e ponderata, che viene data come possibilità alle donne, perché possano vedere la loro salute fisica e mentale assolutamente tutelata qualsiasi scelta decidano di compiere.

di Teresa Tessari